L'altro giorno, appena uscita da un istituto che ospita pazienti con patologie psichiatriche - che frequento per ragioni di lavoro - mi sono sentita chiamare per nome.
Ho subito capito che era uno dei residenti del suddetto istituto: quello che, un paio di anni fa, in occasione di una surreale conversazione, mi chiese di portargli delle foto della sua attrice preferita, una nota porno star.
Mi sentivo in dovere di portargliele quelle foto, ma, consigliata dal personale del suddetto istituto, non gliele portai e, per quell'anno, il mio incarico finì.
Un anno dopo, ripresi a frequentare l'isituto per un breve periodo: lui ricordava perfettamente la nostra conversazione di quel giorno e il fatto che non gli avevo portato le foto. E non era felice di ciò.
Adesso è l'anno dopo ancora. E io ho ripreso il mio lavoro di qualche settimana lì. Non so se si ricorda più di Cicciolina (qualcosa però mi dice di sì), ma so di sicuro che si ricorda perfettamente di me.
L'altro giorno, dicevo prima, si trovava fuori dall'istituto - senza sorveglianti (d'altra parte, i pazienti non sono in prigione e chi è ritenuto in grado di farlo, esce per brevi passeggiate) e nessun altro in giro - e mi ha chiamato tutto contento, mentre stavo per andare via.
Proprio la stessa mattina, ci eravamo incrociati dentro l'istituto e lui mi aveva guardato in un modo che mi aveva fatto pensare che non era affatto felice di vedermi. Quindi, il sentirmi chiamare e guardare da quegli stessi occhi, prima cupi (e rabbiosi?) e ora felici, mi ha fatto un po' paura, così l'ho salutato e mi sono avviata rapidamente verso la macchina, consapevole che mi stava (in)seguendo.
Mi ha raggiunto quando io ero già entrata in macchina, sicure abbassate e finestrino aperto a tre quarti e abbiamo iniziato un'altra surreale conversazione. Questa volta nessun accenno alle foto e mi ha fatto domande sul mio lavoro... che già non è sempre facile da far capire alle persone cosiddette normali, figuriamoci quelli con qualche rotella fuori posto. Sono stata vaga ed evasiva e, dopo avermi posto l'ultima domanda, vista la mia evidente difficoltà a rispondere, mi ha detto:
- Vabbé, questo me lo dici la prossima volta.
Poi mi ha chiesto il cognome e lo ha ripetuto a voce alta, prima di andar via, allegro come prima.
Per lavoro mi capita di frequentare residenze per malati
psichiatrici. Non sono un medico, non interagisco con loro di solito.
Solo, ogni tanto, mi capita di parlare con qualcuno di loro. A volte ne
ho un po' paura. Altre volte no. Spesso basta poco per fare felice
qualcuno che vuole solo parlare, come la signora I. che una volta mi ha
raccontato tutta la sua vita a partire dalla seconda guerra mondiale,
oppure che vuole solo un abbraccio, come B. che voleva un bacio sulla guancia per il suo compleanno, oppure come A. che voleva una foto di Cicciolina, o ancora come GianB. che vuole solo darmi un bacio sulla guancia per salutarmi quando mi vede.